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Cibo racconta attraverso diversi personaggi il nostro rapporto con l’atto del mangiare e il suo mutamento in base ai periodi storici e alle tendenze del momento. La matrice di questi capitoli è la sensazione del personaggio rispetto al cibo, che sia un ricordo o un’emozione. Partiamo infatti con Daniela, l’estetista bulimica per la quale il cibo è tanto una tentazione quanto una piaga da debellare, e da controllare, disperata per quattro chili in più ed arriviamo in conclusione con il cibo come tradizione e unico legame tra il padre e la protagonista. La società moderna passa per modelli culinari molto più vari rispetto a quelli di un tempo; il cibo addirittura diventa il simbolo della tradizione contro la diversità che avanza – come la lotta al cous cous in favore della polenta – per trasformarsi poi in indicatore dello status sociale. Leggo che la prima appendice, quando Cibo era edito da Mondadori nella sua prima edizione del 2002, trattava della crisi legata alla mucca pazza e al consumo di carne. Nell’edizione di Guanda racconta invece di come l’11 settembre 2001 abbia diviso e riunito umanamente coloro che lavoravano al Windows on the world, ristorante al 107esimo piano della Torre Nord delle Torri Gemelle – a cui è legata anche l’identità del tristemente celebre Falling Man – attraverso le voci dei suoi dipendenti superstiti e attraverso le difficoltà legate alla vita nel settore della ristorazione portando in superficie le identità di chi silenziosamente da dietro le quinte saziava gli stomaci dei più influenti banchieri. Una lettura complessa, scomoda e cupa, dalla quale il cibo non esce troppo demonizzato ma inevitabilmente legato per la maggior parte a disturbi alimentari e alle disillusioni della vita, tant’è che anche la piacevolezza dei ricordi muta sempre in malinconia; ho apprezzato più l’appendice, splendida nella sua semplicità.